Un aviatore che si librava sulle ali del Regime
di “La Prof”
Una scuola primaria della fine degli Anni Venti e gli inizi degli Anni Trenta del secolo scorso. Un aviatore, decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria dopo l’eccidio del 1936 di Lechemti (Bonaia), in Etiopia. Il nostro viaggio tra i luoghi di Sesto San Giovanni ci porta oggi alla “Mario Galli” di via Podgora, che lega il proprio nome, come tanti spazi del nostro territorio comunale, al periodo della Resistenza. Una targa ricorda come, in quest’edificio, furono imprigionati sia i giovani che rifiutarono la chiamata alle armi per la milizia della Repubblica di Salò, sia i lavoratori catturati a seguito degli scioperi nelle fabbriche contro la dittatura nazifascista. Con un destino unico: la deportazione nei lager.
Ma chi era Mario Galli? Concittadino, classe 1906, neanche vent’anni dopo, nel 1925, si arruolò nella Regia Aeronautica, una delle forze armate del Regno d’Italia. Nel 1928 conseguì il brevetto di pilota alla Scuola Caccia di Furbara, una frazione di Cerveteri (RM), là dove oggi sorge un aeroporto militare e ha sede il 17° Stormo Incursori dell’Aeronautica Militare.
Tra il 1930 e il 1931 Galli fu impegnato nelle operazioni di controguerriglia in Cirenaica (regione della Libia) che gli valsero la Medaglia d’Argento al Valor Militare in occasione dell’occupazione delle oasi di Cufra grazie ad “arditi voli a bassa quota incurante del nutrito fuoco nemico e delle avverse condizioni atmosferiche”.
Rientrato in Italia, nel 1932 l’aviatore sestese divenne capitano e l’anno seguente fu assegnato all’Aeroporto di Bresso, mentre nel 1935 a quello di Centocelle, luogo dalla storia interessantissima oggi non più attivo, ma sede di un’installazione militare del Ministero della Difesa in ricordo di Francesco Baracca, notissimo aviatore (per i pochi che non lo sapessero, è quello che aveva sulla carlinga il cavallino rampante che poi sarà donato dalla famiglia al “Drake” Enzo Ferrari).
Soli quattro mesi più tardi Mario Galli si imbarcò da Genova alla volta del porto di Massaua, in Eritrea, assegnato alla 34° squadriglia ricognizione tattica. Nel Regio Decreto, con cui gli fu conferita la Medaglia d’Oro, si legge: “Conscio del pericolo cui andava incontro, ma orgoglioso di essere annoverato fra i pionieri dell’Italia imperiale, chiedeva con generosa insistenza di partecipare ad ardita impresa aeronautica intesa ad affermare col simbolo del tricolore il dominio civile di Roma su lontane contrade non ancora occupate”. Sono parole che riecheggiano in pieno lo spirito di un’epoca storica cupa, quella di Benito Mussolini Duce e di uno dei suoi uomini, il sanguinario generale Rodolfo Graziani, soprannominato il “leone del deserto” (si veda l’omonimo film, a lungo censurato, con Anthony Quinn nella parte del leader della resistenza libica Omar al Mukhtar).
Mario Galli trovò la morte all’alba del 27 giugno 1936. Il giorno prima due velivoli Caproni Ca. 33 e un IMAM Ro.37 erano atterrati vicino a Lechemti; considerata l’ora tarda, i componenti della missione avevano deciso di dormire sul posto. Gli aviatori italiani furono però attaccati a sorpresa da un gruppo di Amhara (popolazione locale), guidato da ex-allievi della scuola militare di Olletà. “Minacciato nella notte da orde ribelli, […] preferiva affrontare con lo scarso manipolo di eroici compagni l’impari combattimento per difendere fino all’estremo sacrificio la bandiera della Patria”. Così si chiudeva, senza una tomba, la parabola terrena di Mario Galli. Un sestese portato lontano da casa da una causa disumana e iniqua.